• 09/27/2024

Tra sogno e realtà

Duronia, un paese un tempo tanto amato, che non vuole piu’ farsi amare

di Angelo Manzo – fb

27 settembre 2024

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Mentre gli anni passano e tutto diventava più spiegabile, molte volte mi sono ritrovato a pensare alle stranezze della vita e sempre molto spesso, quando qualcosa non va proprio nel verso giusto, o comunque non segue il ritmo che mi ero prefissato, mi prende la malinconia.
Prendo con me solo lo stretto ed indispensabile, salgo in automobile e parto per rintanarmi là, in quella quiete che non esiste da nessun’altra parte, se non nei miei sogni.
Mi rifugio in quella luce calda e in quei colori così vivi e rivivo tutti i momenti bui, tristi e problematici, contrapposti ad altri momenti sereni e felici che fanno da cornice alla mia semplice, forse monotona ma anche travagliata esistenza.
Spesso penso a questo destreggiatesi tra il dire ed il fare, consapevole della difficoltà della vita e poi all’improvviso mi accorgo che, dopo tutto, esiste sempre un punto fermo, un faro indistruttibile ed è lei, Duronia, questo ridente paese arroccato sul vento e sulle nuvole. 
Pensare poi che non è nemmeno lì che sono nato, ma è da lì che sono fioriti tutti i miei giorni e piano piano, trascorrendovi tutte le vacanze estive di quando ero bambino, in quella quiete ho iniziato a provare amore, sentendo a volte da grande anche una rabbia cieca per le sue contraddizioni, per quel suo tragico abbandono, per quelle sue brutte apparenze, quando non vuole farsi amare e quando solo la cupidigia degli uomini ne diventa padrona facendola apparire un paese triste e solitario e noi, a volte indifferenti ed egoisti, lasciamo che si allontani da noi, come per cancellarne il ricordo.
Ma l’attesa è sempre portatrice di pensieri migliori perché poi torniamo sempre la, a difenderne le tradizioni, a spolverare quei sorrisi e quelle genuinità che ci fanno tanto bene al cuore e che non troveremo mai altrove.
Lo so che nel corso degli anni tanta gente da lì se ne è andata; chi in cerca di fortuna e chi per sopravvivenza, ma allo stesso tempo sono consapevole che tutti, anche dall’altra parte dell’Oceano, continuano a parlare di Duronia con dolcezza infinita considerandola l’unico vero punto fisso della vita e così, dopo anni di assenza, chi da Roma, chi da Milano, chi dal Canada, dalla Florida, dall’Argentina o dall’Australia, fa ritorno, sperando di ritrovare ciò che aveva lasciato.
Sotto una quercia, addossato a qualche pietra, ascoltavo i racconti che mi faceva mia nonna e più la guardavo e più mi inteneriva con quelle sue rughe che sapevano di vita e quelle mani che pur avendo lavorato la terra sapevano dare carezze morbide e calde che mi rassicuravano quando avevo paura del buio o della notte.
Penso ancora a lei che per me ha sfidato il freddo ed il vento, e, sotto quella quercia, più la guardavo e più mi rendevo conto che quel tipo di donna non esiste proprio più.
E Lei che con quella voce dolce e sonora, con un dialetto che capivo ma con vergogna non parlavo, mi spiegava tutto sulla crescita della vite, lo spoglio del granturco, la pulizia dei fagioli o dei ceci e, sulla groppa di un asinello, mi portava tra i campi, tra le sottane di quelle contadine intente a raccogliere il grano, o a mungere le pecore, tra quegli uomini che, alle cinque di mattina erano già a raccogliere le patate o a potare la vigna.
Lei raccontava ed io assimilavo ed oggi ricordo, dopo tanto tempo, ancora la sua voce e quelle nostre facce di bambini attoniti che scrutavano il bosco, consapevoli di aver scoperto un tesoro solo perché conoscevamo il posto sicuro dove nascevano r’ Perdaruoli o l’ Cardarelle (funghi buonissimi) ma attenti perché sicuri che, da un momento all’altro sarebbe uscito, di lì a poco, l’uomo nero se lo avessimo raccontato a qualcuno.
Si, tante erano le storie, comprese quelle macabre, infestate dalle anime vaganti per i campi duroniesi, sia d’Estate che d’Inverno, le quali bevevano, avvolti nel nero della notte, o alla Canala, oppure alle Cannevine.
Sempre di notte, asini giganteschi galoppavano da Ricciuto fino alla Selva con bambini nudi in groppa e più galoppavano e più crescevano e più crescevano e più io avevo paura. Terrorizzato, ascoltavo, pregavo e mi aggrappavo alla mia nonna per difendermi, come se sentissi davvero il rumore di quei zoccoli e quando mi mettevo a letto, con gli occhi scrutavo il soffitto convinto che di lì a poco, sarebbe davvero comparso un mostro ma poi, mi addormentavo perché quella casa mi rassicuravo ed il giorno dopo, correvo a raccontare il tutto agli altri miei compagni, tra sberleffi e burla perché quella era la nostra giovinezza, la nostra allegria che e rimasta attaccata a noi che, di quei giorni, ne abbiamo fatto un ricordo vagante tra sogno e realtà.
Quanti ricordi e quanta malinconia.
Quella nonna così devota che mi portava, da Giliotto fino a Duronia a piedi, solo per andare alla messa ed io, ricordo ancora la gente, vestita a festa, che si salutava, che rideva, magari si ignorava per un litigio ma, era sempre gente vera, gente sicura e scherzosa, avvezza ad ogni intemperia ma con un cuore grande che perdona e che si vuole bene.
Quella chiesa grande, all’estremità del paese. Una chiesa bellissima che oramai hanno scempiato e dimenticato per sostituirla con un monumento funereo, aguzzo e modernissimo che non c’entra niente con la nostra Duronia. Di quella chiesa vecchia ricordo ancora i soffitti dipinti, le tovaglie ricamate adagiate sopra gli altari e tutte quelle statue che altri paesi considerano il nostro vanto e proprio noi, invece, ce le siamo dimenticate.
Ricordo la notte tra il primo ed il due di Agosto, quando si facevano le Passate ed io, tutta la notte, ora pregando, ora dormendo, camminavo avanti ed indietro per la chiesa tra veli scuri e canti e rosari e dentro il cuore, sentivo tanta pace e tanta felicità.
Quel paese che d’inverno si spopolava, sommerso da un vento tagliente e una neve abbondante, e che aspettava la festa dell’Incoronata ad Aprile, quando tutti tornavano al paese per fare festa, con la Banda che saliva alla Piazza di San Rocco suonando inni e fanfarate, mentre la processione si incamminava tra quei vicoli con la statua della Madonna, bellissima, eretta a difesa di tante anime imploranti che chiedevano aiuto e perdono.
Quegli spari, e la festa della Madonnella a Santa Maria, e Santa Teresina del Bambin Gesù al Casale, e l’Addolorata e Santa Filomena a Settembre, r’ziambera, la z’mbarella.
Qelle passeggiate lungo la vianova e il nostro indimenticabile albergo che per parcheggiare ti dovevi fermare alle Cannavine. 
Il torneo di calcio, le gare di ballo, le scorribande lungo il tratturo per andare a ballare a casa di Nicola al Valloni o a Scafiero. E poi la Morgia, il Casalotto e le rumorose festicciole a Cappiello o a Giliotto o a Santa Maria.
Si me le ricordo tutte queste cose, come se fosse ieri e, addormentato sotto quella quercia, le rivedo come in un film, e vorrei che rinascessero…
Vorrei che tutti rivivessimo quell’aria di genuinità che nasce in tutti noi quando siamo a Duronia.
Vorrei magari, tra sogno e realtà, che un giorno ci ritrovassimo tutti la a Duronia come allora, a consolarci ed a raccontarci di un tempo andato che grazie alle nostre forze, ed ad un po’ di buona volontà, potrebbe sempre rinascere e farci rivivere. Secondo me, basterebbe volerlo.
Difendiamo Duronia e non dimentichiamola.

di Angelo Manzo – fb

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